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Lavoro a tempo indeterminato.

L'assunzione a tempo pieno e indeterminato è regolamentata (come la maggior parte delle altre forme contrattuali) dai cosiddetti "Contratti nazionali di categoria". Ogni categoria economica italiana si è infatti dotata di un suo contratto, che dovrebbe essere applicato da tutte le aziende di quel settore. 
In pratica, in Italia esistono centinaia di Contratti collettivi nazionali (un vero e proprio primato mondiale), che se da un lato portano un certo equilibrio all'interno di un settore economico, dall'altro creano non poche difficoltà di interpretazione sulla scelta del contratto stesso. Ad esempio, nel settore della telefonia mobile, anche i maggiori operatori applicano contratti diversi: dal metalmeccanico, al telefonico, dal commercio ai servizi. 
Altra attenta considerazione, al momento della firma di un contratto, merita l'inquadramento offerto: quale livello retributivo o professionale? E' pressoché impossibile trovare due aziende dello stesso settore, dove si applica lo stesso contratto, che in realtà offrano inquadramenti identici a parità di compiti effettivamente svolti...

Lavoro a tempo determinato

Le assunzioni con contratto a termine sono concesse dalla legge soltanto in alcuni casi, esplicitamente indicati nei Contratti nazionali di categoria. In genere, questa possibilità è ammessa nei lavori cosiddetti "stagionali" o quando sono necessarie sostituzioni di lavoratori assenti.
La data di scadenza del rapporto deve risultare da un contratto scritto. Deve trattarsi di una data precisa o comunque collegata ad un evento particolare (ad esempio, il rientro del lavoratore assente).
Il contratto a tempo determinato può essere prorogato per una sola volta (diversamente, l'assunzione si trasforma per legge in tempo indeterminato).
Se la durata del contratto a tempo determinato non è superiore ai quattro mesi nell'arco dello stesso anno, il lavoratore conserva l'iscrizione e la posizione in graduatoria nelle liste del collocamento pubblico. (Vedi approfondimenti).

Lavoro temporaneo-interinale

Il lavoro temporaneo, concretamente introdotto in Italia nel gennaio del 1998, costituisce una delle principali innovazioni del nostro mercato del lavoro. Dopo una iniziale fase di assestamento e verifica della legge (come sempre farraginosa e troppo rigida) questa forma contrattuale sta conoscendo un enorme sviluppo, grazie ai concreti risultati che ha già permesso di raggiungere e alle sue enormi potenzialità.
Anche in Italia, il lavoro temporaneo (nato negli Usa negli anni '50) si è rivelato utile non solo agli interessi delle aziende, ma anche a quelli dei lavoratori, soprattutto i più "deboli": i giovani alla ricerca di un primo impiego, le donne che desiderano entrare o rientrare sul mercato del lavoro, i disoccupati che devono ricollocarsi e, in attesa di una sistemazione definitiva, non possono o non vogliono permettersi di rimanere inattivi. Esistono anche lavoratori temporanei "professionisti", cioé persone che desiderano lavorare soltanto in determinati periodi dell'anno o della loro vita (per esempio, gli studenti d'estate o le casalinghe quando la famiglia deve sostenere investimenti straordinari...)
Infatti, il lavoro temporaneo consente di trovare più facilmente un lavoro, di ricevere un'apposita formazione per reinserirsi sul mercato o specializzarsi, di presentare la propria candidatura a diverse società autorizzate senza concedere esclusive, di conoscere nuove realtà aziendali che potrebbero poi assumere il lavoratore a tempo pieno (statisticamente, in Italia questo passaggio avviene nel 20% dei contratti interinali)
La fornitura di lavoratori temporanei può essere effettuata esclusivamente dalle società autorizzate dal Ministero del lavoro, realtà da non confondere con tutte le "cooperative di lavoro" largamente diffuse in Italia prima dell'introduzione dell'attuale normativa. L'elenco completo delle società di lavoro temporaneo autorizzate è presente alla pagina "Società di lavoro temporaneo interinale" dove sono riportati i link alle società che effettuano questo tipo di servizio.
Per i lavoratori, il servizio offerto dalle società autorizzate è tassativamente gratuito.
Il contratto di lavoro temporaneo (a differenza del rapporto di "socio" delle cooperative di lavoro sopra citate) garantisce al lavoratore il diritto ad una retribuzione del tutto simile a quella dei colleghi assunti a tempo indeterminato, oltre al versamento di tutti i contributi previdenziali.
Il lavoro temporaneo può essere utilizzato dalle aziende per sostituire lavoratori assenti, per coprire qualifiche non previste dall'organico aziendale, e in altri casi previsti dai contratti collettivi di categoria. Non può essere utilizzato per sostituire lavoratori in sciopero, per lavori pericolosi e per sostituire lavoratori licenziati negli ultimi 12 mesi. (Vedi approfondimenti).

Formazione lavoro

Per i datori di lavoro è divenuto estremamente semplice richiedere e ottenere l'autorizzazione ai cosiddetti "progetti di formazione e lavoro", che prevedono vincoli e controlli molto leggeri, oltre ad elevati risparmi economici e sgravi contributivi. Ecco i motivi principali che hanno contribuito alla larghissima diffusione di questa forma contrattuale.
I limiti di età (dai 16 ai 32 anni) sono elevati in alcune aree del sud Italia, mentre per la categoria dei profughi sono inesistenti.
La durata del contratto di formazione e lavoro può variare dai 12 ai 24 mesi, sono possibili periodi di prova ma anche casi di proroga dello stesso contratto. Alla scadenza del contratto, il rapporto può essere confermato a tempo indeterminato (e questo avviene nella maggior parte dei casi). La conversione può avvenire anche prima della scadenza, e in questo caso il datore di lavoro conserva il diritto agli sgravi fino alla scadenza originaria.
Oltre che attraverso le inserzioni di Lavoro e Professioni, le opportunità di assunzione con contratto di formazione e lavoro possono essere verificate presso le Commissioni regionali per l'impiego, cioè l'organismo che presso ogni Direzione regionale provvede ad autorizzare i progetti presentati dalle aziende. In alcune regioni italiane, l'elenco dei progetti approvati è di pubblico dominio, e diffuso attraverso i servizi pubblici all'impiego. (Vedi approfondimenti).

Apprendistato

I giovani che intendono entrare subito nel mercato del lavoro possono assolvere l'obbligo formativo in Apprendistato. Si tratta di un contratto di lavoro speciale, che ha l'obiettivo di far conseguire all'apprendista una qualifica attraverso un percorso di formazione che si realizza prevalentemente in azienda, la quale a sua volta ottiene in compenso agevolazioni contributive; inoltre gli apprendisti in obbligo formativo partecipano ad attività di formazione esterna della durata di circa 240 ore l'anno, organizzate da centri di formazione. Tali attività sono finalizzate a sistematizzare le competenze acquisite attraverso la pratica lavorativa, consolidando le conoscenze di base e trasversali. I giovani che hanno assolto l'obbligo formativo in apprendistato possono, previa verifica del possesso di alcune competenze di base, accedere ai percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore.
Dovrebbe essere quindi un’ottima possibilità data ai giovani per inserirsi nel mondo del lavoro ed ottenere una qualifica.
L'apprendistato può riguardare sia operai che impiegati in tutti i settori economici. E' esclusa la sua applicazione quando il lavoro da svolgere è elementare e dunque non richiede tempi di apprendimento e qualifiche professionali specifiche.
I limiti di età sono elevati a 26 anni nel sud Italia, mentre nel settore dell'artigianato l'età può essere elevata fino a 29 anni, ma soltanto nel caso di qualifiche ad alto contenuto professionale. Per i portatori di handicap, questi limiti sono elevati di ulteriori due anni.
La durata del contratto di apprendistato deve essere compresa fra i 18 mesi e i 4 anni. Durate diverse sono previste nel settore dell'artigianato.
Al termine del periodo di addestramento, l'apprendista deve sostenere una prova di idoneità per ottenere la qualifica professionale. Il datore di lavoro può confermare il lavoratore, applicando il contratto a tempo indeterminato, o anche rinunciare alla prosecuzione del rapporto (oltre un certo limite di rinunce, non è però possibile assumere nuovi apprendisti)
La retribuzione degli apprendisti può crescere, dall'inizio alla fine del rapporto, dal 58% fino all'85% della retribuzione prevista per il personale qualificato. Per le aziende, sono previsti versamenti contributivi molto bassi, vicino all'esenzione.

Per ulteriori informazioni sul contratto di apprendistato vedi approfondimenti.

E' anche possibile rivolgersi al Centro per l'impiego più vicino, agli Uffici di
Informazione e Orientamento degli Assessorati alla Formazione provinciali o regionali.

 

Collaborazione professionale

Le aziende tendono a proporre in maniera sempre più frequente rapporti di collaborazione professionale, piuttosto che le tradizionali assunzioni, perché si tratta di forme meno costose e più flessibili. Molto spesso, però, è il carattere stesso del rapporto che impone la collaborazione professionale (ad esempio, nel settore della rappresentanza plurimandataria).
E' però sempre più diffusa, anche fra i lavoratori, la preferenza verso queste forme di rapporto, sicuramente meno tutelate (si è ancora in attesa di una legge che regolamenti i diritti dei cosiddetti "lavoratori atipici"), ma che procurano altri vantaggi: maggiore libertà di azione e gestione del proprio tempo, gestione contemporanea di diversi rapporti di lavoro, parziale svincolamento rispetto alle normative previdenziali obbligatorie che, al giorno d'oggi, molto pretendono e poco o nulla promettono di buono per il futuro (meglio ricorrere a forme previdenziali private più confortanti).
Il confine, in verità spesso male interpretato, fra il lavoro dipendente e la collaborazione professionale può essere individuato solamente "sul campo": in linea di massima una collaborazione è autonoma quanto presenta senza ombra di dubbio due caratteri:
a) non esiste vincolo gerarchico (si affida un compito che il collaboratore svolge in autonomia, dovendo rispondere soltanto dei risultati, nei tempi concordati).
b) non esiste orario di lavoro (eventuali tempi concordati devono riguardare soltanto il termine ultimo entro il quale il collaboratore deve portare a termine il compito affidato). Nel dubbio, il pretore del lavoro eventualmente chiamato in causa non esita ad esprimere un giudizio favorevole al lavoratore.
Oltre al rapporto di agenzia, regolamentato da specifiche leggi in materia, le collaborazioni professionali sono divise dal fisco (e non da leggi di lavoro: curioso, vero?) fra due diverse categorie: le collaborazioni occasionali e le collaborazioni coordinate e continuative.
Le collaborazioni occasionali si distinguono perché, anche se prolungate nel tempo, riguardano la realizzazione di un solo obiettivo assegnato. Sono soggette ad una "ritenuta d'acconto" (20% sul compenso lordo) effettuata direttamente dal datore di lavoro. Il lavoratore dovrà poi pagare Irpef ed altri balzelli statali in base al proprio reddito complessivo (scontato del 20% già versato dal datore di lavoro).
Le collaborazioni coordinate e continuative sono caratterizzate dalla prosecuzione nel tempo di una prestazione professionale che si ripete e si rinnova. Il lavoro può essere svolto anche presso l'impresa, ma sempre senza orari prestabiliti e vincoli di subordinazione. Può essere concordato un vincolo di esclusività. Questa forma contrattuale, oltre alla ritenuta d'acconto Irpef, prevede obbligatoriamente anche una trattenuta (attualmente del 12%) che deve essere versata ad un ente previdenziale (Inps o altro).

 

Lavoro part-time

Con il contratto part-time l'attività lavorativa può essere svolta ad orario ridotto, scaglionato nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. Gli orari possono essere modificati con preavviso da parte del datore di lavoro.
In caso di assunzione di personale a tempo pieno, i lavoratori a tempo parziale hanno un diritto di precedenza. Se il datore di lavoro richiede una trasformazione da part-time a tempo pieno è necessario l'accordo fra le parti.
Retribuzioni, ferie, maternità, malattie e altri diritti sono in tutto simili (proporzionati per quanto riguarda il salario) a quello dei colleghi assunti a tempo pieno.
I lavoratori part-time possono anche iscriversi ad una specifica lista presso gli uffici pubblici di collocamento. (Vedi approfondimenti)

 

Socio-lavoratore

Anche dopo l'introduzione del lavoro temporaneo in Italia, il fenomeno delle cooperative (peraltro, nato proprio perché nel nostro Paese mancava una legge che rispondesse alle esigenze di flessibilità del mercato del lavoro) ha finora subito solamente un lieve calo, per diversi motivi:
a) nei primi due anni di applicazione, il contratto di lavoro temporaneo non poteva essere utilizzato per le mansioni professionali più semplici; limite finalmente scomparso dal dicembre del '99
b) molte aziende ritengono ancora più "conveniente", cioè meno costoso, affidarsi alle cooperative di lavoro, piuttosto che alle agenzie di lavoro temporaneo; considerazione spesso erronea, perché le mansioni affidate rischiano di uscire dai confini legali, e causare pesanti multe
c) non mancano le cooperative corrette, che offrono ai lavoratori un servizio di concreto ed a volte insostituibile valore sociale.
I soci-lavoratori non sono tutelati dallo Statuto dei lavoratori e tutte le caratteristiche del rapporto (retribuzione, ferie, liquidazioni, contributi, cessazione del rapporto) sono affidati a regole interne, contenute nello statuto della cooperativa.
Spesso il socio-lavoratore è sottopagato e vanta soltanto sulla carta i diritti riservati ad un vero e proprio socio: per legge, è obbligatorio il versamento di una quota associativa (il minimo è fissato in 50mila lire) che difficilmente garantisce il diritto di partecipare alle decisioni strategiche, ma consente soltanto di essere avviati ad una attività lavorativa.

 

Lavoro a domicilio

Il lavoro a domicilio, regolato dalla legge n. 877/73, prevede che le aziende interessate a questa forma di collaborazione siano iscritte in uno speciale registro presso la Direzione provinciale del lavoro.
I lavoratori devono aprire la partita Iva e possedere il cosiddetto "libretto di controllo", che sostituisce la busta paga, dove sono riportati qualità e quantità di lavori e compensi.

Quelli descritti nell'introduzione, sono i requisiti richiesti dalla legge per poter operare nel settore del lavoro a domicilio. Purtroppo non soltanto la legge non garantisce la correttezza dei rapporti fra azienda e lavoratori, ma molto spesso le aziende operano completamente al di fuori dalla legge, ed anzi propongono vere e proprie truffe.
Per questo motivo, Lavoro e Professioni tenta di effettuare una rigorosa selezione delle opportunità di lavoro a domicilio, richiedendo agli inserzionisti alcuni documenti che possano garantire almeno la regolarità formale dell'inserzione. Anche questi accorgimenti, però, si rivelano spesso insufficienti e soltanto la collaborazione dei lavoratori può permettere di individuare le aziende scorrette e dunque non accettare nuove inserzioni.
In ogni caso, soprattutto in alcuni settori, come quello tessile, meccanico e della componentistica elettronica, non mancano opportunità che possono venire incontro alle esigenze di lavoratori che, per diversi motivi, preferiscono dedicarsi ad una attività a domicilio. (Vedi approfondimenti).

 

Il lavoro di agenzia

Il contratto di agenzia (disciplinato dagli artt. 1742 e 1753 del Codice Civile e dalla direttiva Cee n° 53/1986, su cui si basa il DLgs. 10-09-1991) implica l'assunzione, da parte di un agente, dell'incarico di promuovere la conclusione di contratti di vendita di determinati beni o servizi per conto di un terzo (l'impresa o preponente). Ciò si verifica in cambio di una retribuzione, in una zona e in un territorio o, ancora, in un dato settore di mercato preliminarmente stabiliti dal preponente. (Vedi approfondimenti)

 

Telelavoro

Le caratteristiche che contraddistinguono la nuova forma di collaborazione definita "telelavoro" (in via di sviluppo anche in Italia) possono sintetizzarsi in tre punti:
- distanza dall'ufficio
- impiego di una nuova tecnologia (telefono, computer, internet, eccetera)
- facilità di comunicazione con l'ufficio.
(Vedi approfondimenti e Link utili).

 

Stage e borse di studio

Lo stage (che la legge in materia n. 196/97 definisce "tirocinio formativo e di orientamento") è un periodo di formazione "sul campo" che si trascorre in una determinata azienda durante o al termine degli studi.
Possono usufruire delle opportunità di stage gli studenti della scuola superiore, degli istituti professionali e delle università, i lavoratori disoccupati o in mobilità, i portatori di handicap.
Lo stage non costituisce rapporto di lavoro. Lo stagista è solamente un ospite dell'azienda, che è tenuta esclusivamente a sostenere l'onere dell'assicurazione per la responsabilità civile.
Le opportunità di stage sono sono segnalate dagli "uffici stage" di diverse università e enti di formazione nazionali, o direttamente dalle aziende.
Consulta i link utili per le relative informazioni. (Vedi approfondimenti).

 

Corso di formazione

I corsi di formazione professionale, ovviamente, non sono concrete opportunità di lavoro. Rappresentano però un completamento della formazione già acquisita ad ogni livello: dai lavoratori privi di scolarità a quelli che necessitano di un ricollocamento, dai neodiplomati ai neolaureati, a tutti i lavoratori appartenenti alle cosiddette "categorie deboli" del mercato del lavoro
La formazione professionale è caratterizzata da momenti di formazione teorica ma anche di vero e proprio apprendimento sul campo, attraverso tirocini aziendali.
Per informazioni più specifiche è possibile consultare i link utili alla pagina apposita.

 

 

 

                 

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